The emerald isle

Mentre l’aereo stava atterrando guardavo le case con i tetti colorati allineate alla periferia di Dublino e al primo impatto ho creduto di essere tornata in un posto già visitato qualche anno prima. Poco dopo l'atterraggio mentre procedevo verso sud con la rental car mi accorsi che era ben diverso. Dissi al mio compagno di viaggio: "Benvenuto nell'isola dove il cielo ti rincorre". Si cade sempre nell'errore di fare inutili paragoni dimenticandoci spesso che niente è uguale e ogni posto è unico come uniche sono le persone nel quale vivono. Abbiamo passato le nostre giornate nell’inebriante atmosfera di storie cantate nei fumosi pub mentre si sorseggiava guinness l’energia della musica è stata un’eco che ci ha seguito per le tortuose strade verso nord, accarezzati dalla brezza oceanica respirata sulle altissime scogliere mentre i gabbiani planavano leggeri sotto di noi, bassi fino a sfiorare le atlantiche onde. Ogni angolo ci ha suscitato indescrivibili emozioni che neanche la fotografia riuscirà mai a svelare. Comunicando con il mio inglese scalcinato mi consola poi il fatto di venire a conoscenza che anche i romani dell'ex impero confusero quest'isola smeraldina con la più glaciale e arcigna Islanda.
E....
quando misi piede in queste desolate lande, il cielo era così bianco che per un momento ho pensato di essere davvero in paradiso. Era giugno e la Madre Terra si stava risvegliando piano piano dal torpore del lunghissimo inverno. Tra ciuffi di erba secca s'intravedeva il verde chiaro della nuova vita e suoni ovattati giungevano a me trasportati dal vento. Faccia di ghiaccio e cuore di fuoco. Il sole all'orizzonte respingeva la notte scatenando giochi di luce. La nebbia diradandosi tra i fiordi lasciava spazio alle danze degli archi colorati che si perdevano nel pallido azzurro là dove dormivano ancora le fate.